La premier Giorgia Meloni ha commemorato con un toccante video il cinquantesimo anniversario della morte di Sergio Ramelli, studente 18enne di destra, che il 29 aprile 1975 è stato ucciso da alcuni militanti di estrema sinistra.
La ricorrenza ha riacceso i riflettori sui cosiddetti “anni di piombo” che hanno visto non soltanto le azioni violente del terrorismo rosso e nero, dalle “operazioni” delle Brigate Rosse e delle altre sigle dell’antagonismo comunista alle cosiddette “stragi di Stato” compiute spesso da neofascisti collusi con apparati istituzionali, ma anche singoli omicidi di decine di giovanissimi attivisti di destra e di sinistra, in particolare a Roma e Milano.
Ramelli, ragazzo allegro e socievole, amante del calcio e attivo in oratorio è massacrato a colpi di Hazet 36, chiave inglese utilizzata di un commando di Avanguardia operaia. È morto dopo 47 giorni di agonia.
Il ragazzo fa parte di un lungo elenco di vittime innocenti, con il solo “torto” di professare un’idea. Nel libro Cuori neri, Luca Telese ha stilato il triste “inventario” delle vittime di destra. Non un freddo elenco, ma una serie di episodi che rendono bene la pesante atmosfera di quegli anni.
Il primo ad essere assassinato è Ugo Venturini nel 1970, a Genova, durante un comizio di Giorgio Almirante, colpito in testa da una bottiglia riempita di terra. La moglie si suiciderà, il figlio finirà nel tunnel della droga.
Nel 1972, Carlo Falvella, studente di Filosofia all’Università di Salerno, a seguito di un diverbio politico viene accoltellato a morte sul lungomare da due aderenti a gruppi anarchici.
L’anno seguente uno degli eventi più drammatici: il cosiddetto “rogo di Primavalle”. Tre esponenti di Potere Operaio danno fuoco all’abitazione di Mario Mattei, segretario della locale sezione del Msi. Tre figli si salvano per miracolo, mentre Virgilio e Stefano, rispettivamente 22 e 8 anni, sono arsi vivi.
Benché l’episodio generi ribrezzo anche a sinistra, dove precedentemente non mancavano giustificazioni per gli atti di violenza (il celebre slogan “uccidere un fascista non è reato”), gli omicidi proseguono.
Nel 1974 viene trovato morto a Pavia, con una doppia frattura cranica, il 25enne missino Emanuele Zilli, abruzzese, padre di due bambine. A Padova vengono uccisi a sangue freddo Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola in una sede del Msi da cinque esponenti delle Brigate Rosse.
L’anno seguente è la volta del 22enne Mikis Mantakas, studente universitario, raggiunto da due proiettili davanti alla sede del Msi di via Ottaviano a Roma, e di Mario Zicchieri, 16enne assassinato a colpi di fucile dalle Brigate Rosse.
Il 29 aprile 1976 a Milano l’avvocato Enrico Pedenovi, consigliere regionale missino, è ucciso da un commando di Prima Linea. Lascia due figlie, Gianna e Beatrice, 22 e 11 anni.
Il 7 gennaio 1978 la strage di Acca Larenzia. Muoiono Franco Bigonzetti, 18 anni, Francesco Ciavatta, 19 anni e Stefano Recchioni, 20 anni davanti alla sede del Msi di via Acca Larenzia, quartiere Tuscolano a Roma. Il padre di uno dei tre, un custode molisano, si suiciderà bevendo dell’acido in un giardino pubblico della zona.
L’ultimo dell’elenco delle vittime di destra è Paolo Di Nella, studente capitolino ucciso nel 1983 a viale Libia, aggredito alle spalle con spranghe di ferro.
Un elenco non meno lungo include i martiri di sinistra. A Milano nel 1975 muoiono Claudio Varalli, Giannino Zibecchi e il ventiseienne Alberto Brasili, quest’ultimo assassinato con cinque pugnalate a piazza San Babila per aver staccato da un palo della luce un adesivo elettorale del Msi. L’anno dopo Gaetano Amoroso, 21 anni, aggredito alle spalle da almeno otto picchiatori di destra. Nel 1978 vengono uccisi i diciottenni Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci del centro sociale Leoncavallo.
A Roma vengono uccisi due militanti di Lotta Continua: Walter Rossi nel 1977 durante un volantinaggio di propaganda antifascista alla Balduina; Roberto Cialabba nel 1978 in piazza Don Bosco poco prima di mezzanotte. Sempre a Roma è stato ucciso Valerio Verbano nel 1980 nella sua casa di via Monte Bianco, davanti ai genitori.
È utile richiamare queste tristi vicende? Sì, se possono prevenire il ripetersi di quel clima di guerra tra opposte ideologie che oltre a sconvolgere un’intera nazione, ha lasciato in terra giovanissime vittime innocenti che sono morte, di fatto, per il nulla.
Purtroppo l’antagonismo è ancora presente e la pacificazione lontana, come si è visto in questi giorni con le polemiche tra la Festa della Liberazione e l’anniversario dell’omicidio di Sergio Ramelli.
Domenico Mamone